Prima casa: il termine biennale per la vendita non preclude il diritto al credito d’imposta

Il tema dell’agevolazione “prima casa” e nello specifico la modifica normativa del termine per rivendere l’abitazione agevolata pre-posseduta e il diritto al credito d’imposta, sono i temi trattati dall’Agenzia delle entrate in una nuova risposta a interpello (Agenzia delle entrate, risposta 10 settembre 2025, n. 238).

L’Istante espone la seguente situazione:

– nel 2003, ha acquistato, insieme al futuro coniuge, un immobile per il 50% ciascuno, fruendo dell’agevolazione “prima casa” e versando un’imposta di registro del 3%, pari complessivamente a euro 1000.
– Nel 2011, il coniuge è deceduto. La sua quota del cinquanta per cento della “prima casa” è stata ereditata per metà dall’Istante e per l’altra metà dal figlio minorenne e fiscalmente a carico dell’Istante.

– Nel 2024, l’Istante ha acquistato una nuova “prima casa” in un altro comune, corrispondendo l’IVA con aliquota del 4%, impegnandosi a vendere la precedente abitazione entro un anno, termine che è stato successivamente esteso dalla Legge di bilancio 2025 a due anni dal nuovo acquisto, quindi entro il 2026.

Considerando quanto premesso, l’Istante chiede di poter recuperare in sede di dichiarazione dei redditi (730/2025 redditi 2024) il credito d’imposta per riacquisto prima casa non utilizzato nell’acquisto della nuova prima casa perché soggetta ad IVA», per un ammontare di euro 1000.

 

L’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR, prevede l’applicazione dell’aliquota agevolata del 2% ai fini dell’imposta di registro per l’acquisto di case di abitazione (non categorie A/1, A/8 e A/9), purché ricorrano le condizioni della Nota II-bis.

Il comma 4-bis della Nota II-bis (introdotto dalla Legge di stabilità 2016 e modificato dalla Legge di bilancio 2025) consente di fruire delle agevolazioni “prima casa” anche se l’acquirente possiede già un’altra abitazione acquistata con la medesima agevolazione, a condizione che quest’ultima venga alienata entro due anni dalla data del nuovo acquisto.

Il nuovo termine di due anni per l’alienazione è applicabile anche agli acquisti per i quali il precedente termine di un anno era ancora pendente al 31 dicembre 2024.

 

Il credito d’imposta, invece, è disciplinato dall’articolo 7 della Legge n. 448/1998, che lo attribuisce ai contribuenti che acquisiscono un’altra “prima casa” entro un anno dall’alienazione del precedente immobile agevolato. L’ammontare del credito non può superare l’imposta di registro o l’IVA corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato, né l’imposta di registro o l’IVA dovuta per il nuovo acquisto agevolato.

Anche se tale articolo 7 prevede l’acquisto successivo all’alienazione, l’Amministrazione finanziaria ha riconosciuto l’applicabilità del credito d’imposta anche nella fattispecie inversa (nuovo acquisto che precede la vendita della precedente abitazione agevolata) a seguito dell’introduzione del comma 4-bis.

Il maggior termine di due anni per la rivendita (Legge di bilancio 2025) non pregiudica il diritto al credito d’imposta per il nuovo acquisto, a condizione che l’immobile preposseduto sia alienato entro tale termine.

La mancata alienazione dell’abitazione agevolata preposseduta entro i due anni comporta la decadenza dall’agevolazione “prima casa” fruita per il riacquisto e, di conseguenza, la perdita del diritto al credito d’imposta.

 

Il credito d’imposta può essere utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data del nuovo acquisto e non dà luogo a rimborsi. È un credito personale e compete al contribuente che abbia alienato un immobile da lui stesso acquistato con agevolazione “prima casa”.

Un soggetto che abbia alienato un’abitazione pervenutagli per donazione o successione, anche se originariamente acquistata dal donante o de cuius con le agevolazioni, non può avvalersi del beneficio.
Qualora l’immobile alienato o quello acquisito siano in comunione, il credito d’imposta deve essere imputato agli aventi diritto, rispettando la percentuale della comunione.

La data di acquisizione del credito, ai fini dell’imposta di registro, si individua nella data di stipula dell’atto relativo al nuovo acquisto agevolato.
Può essere utilizzato nella prima dichiarazione IRPEF successiva al nuovo acquisto o nella dichiarazione da presentare nell’anno in cui è stato effettuato il riacquisto.

 

Pertanto, nel caso di specie, l’Istante matura il diritto al credito d’imposta con l’acquisto agevolato del secondo immobile avvenuto nel 2024 e può utilizzarlo a condizione che l’immobile pre-posseduto sia alienato entro due anni dal nuovo acquisto agevolato (entro il 2026). La quota del figlio minorenne non rileva per il credito personale dell’Istante.

Il cambiamento del Codice ATECO 2025 non causa cessazione del CPB se l’attività rimane invariata

L’Agenzia delle entrate chiarisce se il cambiamento del codice ATECO dovuto all’aggiornamento ATECO 2025 causa la cessazione del Concordato Preventivo Biennale (Agenzia delle entrate, risposta 10 settembre 2025, n. 236).

L’Agenzia delle entrate esamina la situazione di un’azienda che opera come agente plurimandatario di commercio nel settore del noleggio di autoveicoli, fungendo da intermediario nella stipula di contratti di noleggio a lungo e breve termine e percependo commissioni. Poiché l’attività non era specificamente prevista nelle precedenti tabelle ATECO, l’istante utilizzava il codice ATECO generico 45.11.02 a cui era associato il modello ISA CM09U.

Con l’introduzione della nuova classificazione ATECO 2025, un nuovo codice più appropriato, il 77.51.00, è stato creato per la sua attività di intermediazione, al quale è associato il modello ISA EG61U.

L’istante sta valutando di aderire al Concordato Preventivo Biennale per i periodi d’imposta 2025 e 2026 e, dunque, il suo dubbio riguarda l’applicazione dell’articolo 21, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 13/2024, che prevede la cessazione del CPB se il contribuente modifica l’attività svolta nel corso del biennio concordatario rispetto a quella precedente.

 

L’Agenzia ricorda che l’articolo 21 del D.Lgs. n. 13/2024 stabilisce la cessazione del CPB se il contribuente modifica l’attività, ma non se per le nuove attività è previsto l’applicazione del medesimo ISA.
Già nella circolare n. 18/E/2024 e nelle FAQ del 28 maggio 2025, l’Agenzia chiarisce che il cambio del codice attività dovuto all’aggiornamento della classificazione ATECO 2025 non rileva ai fini della cessazione del CPB, anche se ne deriva l’applicazione di un diverso ISA, in quanto non è una modifica sostanziale dell’attività effettivamente esercitata.  Ne deriva che:

  • se l’attività nel biennio concordatario corrisponde a quella precedente, la cessazione non si verifica;
  • se l’attività viene modificata, ma l’ISA applicabile rimane il medesimo, la cessazione non si verifica;
  • la cessazione non si verifica per il cambio del codice attività dovuto all’aggiornamento ATECO 2025, anche se comporta un diverso ISA, perché non configura un cambiamento sostanziale dell’attività.

Inoltre, la risoluzione n. 24/E/2025 stabilisce che, a partire dal 1° aprile 2025, gli operatori devono utilizzare i nuovi codici ATECO negli atti e nelle dichiarazioni. L’adozione di ATECO 2025 non comporta obbligo di presentare dichiarazione di variazione dati immediata, ma va fatto alla prima dichiarazione di variazione o se richiesto da specifiche normative. Per le dichiarazioni IVA 2025, è consentito indicare sia i codici ATECO 2007 (aggiornamento 2022) che i nuovi ATECO 2025, con un’indicazione nella casella “Situazioni particolari”.

 

Pertanto, nel presupposto che l’attività effettivamente svolta non sia modificata, l’istante dovrà utilizzare, già a partire dal 1° aprile 2025 (data di entrata in vigore della nuova classificazione ATECO), il nuovo codice attività 77.51.00 (associato all’ISA EG61U). Il codice precedentemente utilizzato dall’istante (45.11.02, confluito nel 47.92.21, associato all’ISA DM09U) non dovrà essere usato. A differenza della dichiarazione annuale IVA 2025, per la dichiarazione annuale delle imposte sui redditi (Modello Unico 2025) relativa al periodo d’imposta 2024, che sarà presentata dopo il 1° aprile 2025, deve essere utilizzato il nuovo codice ATECO 77.51.00 (cui è associato l’ISA EG61U).

Auto aziendali elettriche: l’Agenzia chiarisce la tassazione delle ricariche presso colonnine pubbliche

L’Agenzia delle entrate si occupa di chiarire un dubbio sollevato da una società relativamente al trattamento fiscale delle auto elettriche o ibride concesse in uso promiscuo ai dipendenti e alle ricariche presso colonnine pubbliche, ai sensi dell’articolo 51, comma 4, lettera a), del TUIR (Agenzia delle entrate, risposta 10 settembre 2025, n. 237).

La Società intende rinnovare il proprio parco auto introducendo veicoli elettrici e ibridi plug-in. Attualmente, per i dirigenti che utilizzano auto a combustione in uso promiscuo, le spese di carburante per uso privato (entro un limite annuo) sono coperte dalla Società tramite una card e considerate esenti perché incluse nel valore convenzionale ACI già tassato. Se il limite viene superato, l’eccedenza è addebitata al dirigente tramite fattura.
Per evitare disparità e incentivare veicoli meno inquinanti, la Società vuole estendere le stesse condizioni ai dipendenti che scelgono auto elettriche o ibride plug-in. A questi dipendenti verrà fornita una card per la ricarica presso colonnine pubbliche, con addebito del costo alla Società. I dipendenti dovranno comunicare i chilometri aziendali per distinguere quelli privati. In caso di superamento di un limite annuo di chilometri privati, la Società addebiterà al dipendente, tramite fattura, l’importo del costo chilometrico dell’elettricità eccedente il limite, calcolato come costo totale del rifornimento diviso i chilometri percorsi nel periodo di riferimento.
La Società chiede di sapere se, in qualità di sostituto d’imposta:

– la card per la ricarica elettrica, anche per uso privato, non generi reddito tassabile per i dipendenti, poiché il valore della ricarica è già incluso nella determinazione forfetaria del benefit tassabile fissata dall’ACI;

– l’importo addebitato al dipendente per il superamento del limite di chilometri per uso privato possa essere decurtato dai valori convenzionali ACI ai fini dell’individuazione del valore del benefit tassabile.

 

L’Agenzia ribadisce che il reddito di lavoro dipendente è “onnicomprensivo” (articolo 51, comma 1, TUIR), includendo beni e servizi forniti dal datore di lavoro. Tuttavia, l’Articolo 51, comma 4, lettera a) introduce una deroga specifica per i veicoli in uso promiscuo, stabilendo una determinazione forfetaria del valore tassabile basata sui costi chilometrici ACI. La percentuale applicabile a tale valore varia a seconda della tipologia di alimentazione (50% per autoveicoli standard, 10% per veicoli elettrici puri, 20% per ibridi plug-in, per contratti dal 1° gennaio 2025, salvo specifiche eccezioni transitorie).

 

L’Agenzia chiarisce che la determinazione basata sulle tabelle ACI è totalmente forfetaria e prescinde dagli effettivi costi di utilizzo del mezzo e dalla percorrenza reale. È irrilevante che il dipendente sostenga a proprio carico alcuni elementi della base di commisurazione del costo ACI. Eventuali altri beni o servizi forniti (es. immobile per custodire il veicolo) devono essere valutati separatamente. Tuttavia, se il dipendente corrisponde delle somme per l’uso promiscuo del veicolo, queste devono essere sottratte dal valore presuntivo stabilito dal legislatore.

 

Nella risposta n. 421/2023, l’Agenzia aveva chiarito che nell’ipotesi in cui il datore di lavoro provveda al rimborso delle spese di energia elettrica sostenute dal dipendente per la ricarica effettuata, presso la propria abitazione, dell’autoveicolo concesso in uso promiscuo, detto rimborso concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente in quanto lo stesso non rientra tra i fringe benefit forniti dal datore di lavoro, ma costituisce un rimborso monetario di spese sostenute dal lavoratore.

 

Pertanto, riguardo al primo quesito sulla card per la ricarica elettrica, poiché le tabelle ACI considerano l’elettricità come “carburante” nel calcolo del costo chilometrico per i veicoli elettrici e ibridi plug-in, la fornitura di energia elettrica per la ricarica da parte del datore di lavoro (anche tramite card per colonnine pubbliche, entro un certo limite annuo) non genera reddito imponibile per il dipendente. Questo perché il costo è già considerato nella determinazione forfetaria del valore ACI, a prescindere dall’utilizzo aziendale o privato del veicolo

 

Riguardo al secondo quesito, sull’addebito al dipendente per il superamento del limite, l’Agenzia spiega che la determinazione del valore da assoggettare a tassazione è forfetaria e prescinde dai costi effettivi sostenuti dal dipendente. Di conseguenza, le somme addebitate al dipendente per l’energia elettrica utilizzata per l’uso privato del veicolo non possono essere portate in diminuzione del valore forfetario del veicolo determinato dalle tabelle ACI, e quindi non possono abbattere il valore del fringe benefit tassabile ai sensi dell’articolo 51, comma 4, lettera a), del Tuir. Tali somme, invece, dovranno essere trattenute dall’importo netto corrisposto in busta paga.

Criteri e modalità di concessione delle agevolazioni per le aree di crisi industriale

Il MIMIT ha reso noti i criteri e le modalità di concessione delle agevolazioni di cui alla Legge n. 181/1989 in favore di programmi di investimento finalizzati alla riqualificazione delle aree di crisi industriali, fornendo nuove indicazioni di dettaglio per l’accesso alle agevolazioni, la presentazione delle domande e l’attuazione degli interventi (Ministero delle imprese e del made in Italy, circolare 5 settembre 2025, n. 2006).

La circolare MIMIT sostituisce la precedente circolare 16 giugno 2022, n. 237343 e ss.mm.ii. e fornisce ulteriori specificazioni relative ai requisiti dei programmi e delle spese ammissibili, alle modalità e ai termini di presentazione delle domande, ai criteri e all’iter di valutazione, alle soglie e ai punteggi minimi per l’accesso alle agevolazioni. Definisce inoltre le caratteristiche del contratto di finanziamento, le modalità, i tempi e le condizioni per l’erogazione delle agevolazioni, e l’elenco degli oneri informativi per le imprese.

 

Le disposizioni si applicano alle domande presentate successivamente al 5 settembre 2025 (data di adozione della circolare).

 

Sono ammissibili le imprese costituite in forma di società di capitali (incluse cooperative e consortili) che, alla data di presentazione della domanda, possiedano i seguenti requisiti:

  • regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle Imprese (o analogo registro per non residenti, con obbligo di sede in Italia al momento della prima erogazione);
  • in pieno esercizio dei diritti civili, non in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali;
  • in regime di contabilità ordinaria;
  • non destinatarie di aiuti illegali o incompatibili non rimborsati;
  • in regola con normative edilizie, urbanistiche, del lavoro, prevenzione infortuni, ambiente e obblighi contributivi;
  • aver restituito agevolazioni revocate dal Ministero;
  • non essere imprese in difficoltà secondo il Regolamento GBER;
  • non aver delocalizzato nei due anni precedenti l’unità produttiva oggetto dell’investimento e non impegnarsi a farlo nei due anni successivi al completamento, se gli aiuti sono concessi ai sensi dell’articolo 14 del Regolamento GBER.

Sono ammesse anche le reti di imprese tramite contratto di rete, a condizione che configurino una collaborazione effettiva, stabile e coerente, finalizzata alla realizzazione del progetto proposto. Il contratto deve essere stipulato con atto pubblico o scrittura privata autenticata, prevedere la suddivisione di competenze, costi e spese, la responsabilità solidale e la nomina di un organo comune mandatario. Il numero di imprese deve essere tra tre e sei.

Ogni impresa può partecipare a un solo contratto di rete richiedente l’agevolazione.

 

Sono escluse le imprese i cui legali rappresentanti o amministratori siano stati condannati per reati specifici, o nei cui confronti sia stata applicata la sanzione interdittiva o altre cause di incapacità a beneficiare di agevolazioni pubbliche.

 

Sono ammissibili alle agevolazioni previste dal Decreto i programmi di investimento produttivo e i programmi di investimento per la tutela ambientale. A completamento dei programmi di investimento sono, altresì, agevolabili, per un ammontare non superiore al 40% del totale degli investimenti ammissibili dei predetti programmi, i progetti per l’innovazione di processo e l’innovazione dell’organizzazione, per un ammontare non superiore al 20% degli investimenti ammissibili, i progetti per la formazione del personale e, limitatamente ai programmi di investimento produttivi e ai programmi di investimento per la tutela ambientale con spese di investimento di importo superiore a 5 milioni di euro, progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale.

 

I programmi di investimento produttivo devono essere diretti a:
– realizzazione di nuove unità produttive innovative;
– ampliamento o riqualificazione di unità esistenti tramite diversificazione o cambiamento fondamentale del processo;
– acquisizione di attivi di uno stabilimento.

I programmi di investimento per la tutela ambientale devono essere volti a:
– tutela dell’ambiente e riduzione/eliminazione delle emissioni di gas serra;
– misure di efficienza energetica;
– promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili, idrogeno rinnovabile e cogenerazione ad alto rendimento.
– riparazione di danni ambientali, ripristino di habitat, protezione della biodiversità, soluzioni basate sulla natura per l’adattamento climatico;
– efficienza nell’uso delle risorse e transizione verso un’economia circolare. Alcuni investimenti per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili non possono costituire programmi autonomi.

 

I progetti complementari (innovazione, formazione, ricerca e sviluppo) hanno specifici divieti e limitazioni derivanti dal Regolamento GBER.

Per le grandi imprese, i progetti di innovazione richiedono una collaborazione effettiva con PMI, con le PMI che sostengono almeno il 30% dei costi.

I progetti di formazione devono essere coerenti con il programma d’investimento e quello occupazionale.

I progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale devono essere finalizzati alla realizzazione o miglioramento di prodotti, processi o servizi e strettamente connessi al programma principale.

 

Tutti i programmi devono essere ultimati entro 36 mesi dalla stipula dei contratti di finanziamento, con possibilità di proroga di 12 mesi.

Le attività economiche ammissibili includono estrazione di minerali, attività manifatturiere, produzione di energia (con limitazioni), servizi alle imprese e attività turistiche.

 

Ai fini dell’ammissibilità alle agevolazioni, i programmi e i progetti devono:

 

  • riguardare unità produttive ubicate nei territori dei Comuni ricadenti nelle Aree di crisi;
  • prevedere spese ammissibili complessive non inferiori a 1.000.000,00 di euro  (o 400.000,00 euro per i contratti di rete);
  • essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di agevolazioni (non sono ammessi investimenti di mera sostituzione).;
  • prevedere un programma occupazionale da realizzarsi entro 12 mesi dalla data di ultimazione del programma degli investimenti, caratterizzato da un incremento degli addetti. Priorità nell’assunzione per lavoratori residenti nell’area di crisi, percettori di CIG o disoccupati.

Per i programmi di investimento produttivo sono ammissibili spese relative all’acquisto e realizzazione di immobilizzazioni materiali e immateriali, tra cui:
– suolo aziendale e sue sistemazioni (limite del 10% dell’investimento agevolabile);
– opere murarie e assimilate e infrastrutture (limite del 70% per attività turistiche o gestione di porti turistici, 40% per altre attività);
– macchinari, impianti e attrezzature (incluse spese per impianti di energia rinnovabile o cogenerazione per autoconsumo, fino al 30% dell’investimento complessivo);
– programmi informatici e servizi TIC;
– immobilizzazioni immateriali (per grandi imprese, fino al 50% dell’investimento complessivo ammissibile se costituiscono da sole un programma organico);
– beni strumentali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale “Transizione 4.0”.

 

Per le sole PMI sono ammissibili anche le spese per consulenze connesse al programma di investimento produttivo, fino al 5% dell’importo complessivo ammissibile.
Le spese non ammesse includono beni acquisiti tramite locazione finanziaria/leasing, spese effettuate tramite “contratto chiavi in mano”, commesse interne, macchinari usati (salvo acquisizione stabilimento), spese di funzionamento, spese notarili, scorte, imposte e tasse (salvo IVA irrecuperabile).

Le spese devono essere di importo non inferiore a 500 euro.

I beni agevolati devono essere mantenuti nell’Area di crisi per almeno 5 anni (o 3 anni per PMI). I pagamenti devono avvenire tramite un conto corrente bancario dedicato.
Per i progetti complementari, le spese ammissibili includono costi di personale, strumenti e attrezzature, ricerca contrattuale, servizi di consulenza, spese generali e materiali.

 

Le agevolazioni sono concesse nella forma di contributo in conto impianti, eventuale contributo diretto alla spesa e finanziamento agevolato.

Il finanziamento agevolato non può essere inferiore al 20% degli investimenti ammissibili, ha una durata massima di 10 anni più un preammortamento massimo di 3 anni, con un tasso agevolato pari al 20% del tasso di riferimento. La somma del finanziamento agevolato, del contributo in conto impianti e dell’eventuale contributo diretto alla spesa non può superare il 75% degli investimenti e delle spese ammissibili. Per finanziamenti agevolati di importo pari o superiore a 10 milioni di euro sono richieste garanzie reali (ipoteca di primo grado, privilegio speciale) o fideiussione bancaria/polizza fideiussoria. Le imprese beneficiarie devono garantire una copertura finanziaria del 25% con risorse proprie o finanziamento esterno privato.

 

Le domande sono esaminate con procedura valutativa a sportello, secondo l’ordine cronologico di presentazione. Ciascuna domanda deve riferirsi a un solo programma di investimento. È possibile presentare domande congiunte per reti di imprese o progetti complementari specifici.

Le domande vanno compilate elettronicamente tramite il sito Invitalia.it, firmate digitalmente e corredate dalla documentazione richiesta, inclusi il piano d’impresa e una relazione tecnica asseverata.

La relazione tecnica asseverata deve attestare la conformità edilizia e urbanistica, la coerenza della capacità produttiva, la congruità dei costi e la coerenza dei tempi. È richiesta una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante il possesso dei requisiti e la dimensione d’impresa.

 

All’esito positivo dell’istruttoria, il Soggetto Gestore delibera la concessione delle agevolazioni, individuando soggetti beneficiari, spese ammissibili, forma e ammontare degli aiuti, e obblighi dei beneficiari. L’erogazione avviene tramite presentazione di stati di avanzamento lavori (SAL), fino a un massimo di 5 richieste, con un minimo del 15% della spesa ammissibile per ciascuna erogazione (eccetto l’ultima).

È possibile richiedere un’anticipazione fino al 25% delle agevolazioni complessivamente concesse, previa presentazione di fideiussione. Su ogni erogazione di contributo in conto impianti e diretto alla spesa è operata una ritenuta del 10%, erogata a ultimazione programma.

 

Le agevolazioni non sono cumulabili con altri aiuti pubblici per le medesime spese (salvo benefici fiscali e di garanzia).

 

Tra i casi in cui è disposta la revoca totale o parziale delle agevolazioni rientrano: superamento dei limiti di intensità di aiuto, dichiarazioni mendaci, mancato rimborso del finanziamento, mancata conclusione del programma nei termini, trasferimento o alienazione non autorizzata dei beni agevolati, non rispetto del programma occupazionale. In caso di revoca, il beneficiario non ha diritto alle quote residue e deve restituire il beneficio già erogato, maggiorato di interessi e sanzioni.